Quella del cloud rappresenta una delle questioni più interessanti e allo stesso tempo spinose del mondo di internet, ed è così già ormai da qualche anno. Sono molti i servizi che permettono all’utente di caricare i propri file sui loro server, generalmente offrendo uno spazio gratuito (qualche GB) da aumentare a piacimento e a pagamento. E dopo Dropbox e il neonato iCloud, anche Google fa i suoi primi passi nel mondo del cloud generico: nasce infatti Google Drive.
…o forse, parlare di “primi passi” non è poi così corretto. È infatti dal 2006 che Google, grazie al suo servizio Docs, permette agli utenti di salvare su internet i propri documenti – prima – e qualsiasi genere di file – poi, a partire dal 2010. Questo Drive, a detta della stessa azienda, non è altro che la fine del percorso evolutivo di Google Docs, ed è chiaro anche accedendo una prima volta al servizio. Basta qualche click sul sito ufficiale – drive.google.com – per ritrovare lì i propri documenti salvati precedentemente con Docs.
Ovviamente, però, come con la nascita di ogni nuovo servizio, anche qui troviamo diverse polemiche che riguardano direttamente la privacy dell’utente. Nonostante Google assicuri sempre l’uso di dati cifrati durante i trasferimenti dei file, si riserva anche di poter “usare, ospitare, immagazzinare, riprodurre, modificare o creare versioni derivate, pubblicare, mostrare pubblicamente, comunicare o distribuire” qualsiasi contenuto sia stato caricato sulle sue piattaforme, e questo, è chiaro, può rappresentare un certo freno per gli utenti. Se Big G “giustifica” la questione parlando di una maggiore facilità nella comunicazione e nella condivisione, i più scettici parlano già di fini pubblicitari.
Per quanto riguarda lo spazio, Google Drive offre 5GB di storage gratuiti, dando inoltre la possibilità di acquistare 20GB aggiuntivi per 3€ al mese, per un massimo di 16TB totali (100GB per 5€ al mese, o 1TB per 50€ al mese). Un file non può superare i 10GB di dimensione.