È ironico che proprio poco fa vi abbiamo proposto un articolo in cui parlavamo di come Brin temesse la situazione della rete, e di conseguenza dei suoi utenti. Il Telegraph, celebre testata del Regno Unito, ha sollevato un’altra spinosa questione che vede come protagonista proprio Google e, nello specifico, il suo servizio di Street View. Come sapete, grazie a Google Maps è possibile davvero “girare il mondo” in digitale, grazie ad alcune riprese effettuate regolarmente dall’azienda. Ma a volte i numeri delle abitazioni non si riconoscono proprio bene, quindi…
…Google ha pensato bene di introdurli nei captcha. Per chi non lo sapesse, il “captcha” nasce come sistema per riconoscere la reale esistenza dell’utente in questione, e per assicurarsi che non sia un meccanismo automatico (bot): vengono proposte una serie di lettere poco leggibili che, una volta digitate, oltre a palesare l'”umanità” dell’utente, aiutano a digitalizzare una serie di libri di dominio pubblico stampati prima dell’era del computer.
E a Mountain View, questa volta, stanno pensando di introdurre nei captcha numeri di abitazioni private, in modo da migliorare sempre di più la precisione del software di riconoscimento (in modo che, insomma, digitando un numero civico si venga portati proprio lì). Ma c’è qualcosa di male? “Per la scienza” no, insomma, ma si potrebbe sollevare qualche dubbio in termini di etica e privacy dell’utente, come tra l’altro sottolinea l’associazione inglese dei diritti civili Big Brother Watch.
Ma Google, dalla sua, si difende: l’azienda spiega che le immagini dei numeri vengono ritagliate in modo molto ravvicinato, ed è quindi impossibile per qualcuno risalire all’abitazione in questione. Inoltre, i numeri sono presi da strade e autostrade pubbliche, e comunque si tiene a sottolineare che questo genere di captcha riguarda solo il 10% dei casi, e fa semplicemente parte di uno dei tanti esperimenti che vengono effettuati in un impero come quello della grande G.